LA RINASCENTE E’ DONNA!

1 — Pegge Hopper, L’importanza della donna, 1962 ca.

Il grande magazzino come laboratorio e vetrina dei talenti delle donne

La Rinascente, a partire dall’Unità, è stata il palcoscenico privilegiato della crescita culturale e sociale delle donne italiane, creando una nuova figura femminile sempre più elegante ed emancipata.

Questa evoluzione viene raccontata su Rinascente Archives grazie agli archivi digitali del grande magazzino, a partire dalle sensuali silhouette disegnate da Marcello Dudovich fino ad arrivare alle immagini delle commesse Rinascente, vestite con l’uniforme firmata Biki e consapevoli di essere le portavoce di una nuova moda moderna e alla portata di tutti.

2 — Amneris Latis (art director), Brochure, 1952

3 — Amneris Latis (art director), L’estetica del prodotto lR, Pieghevole, 1953

4 — Amneris Latis (art director), Catalogo, 1955

5 — Amneris Latis (art director), Il guardaroba 18enni debutta così, Invito, 1956

6 — Amneris Latis (art director), Ritratto, 1968

Nel 1961, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, Irene Brin pubblicava un articolo sulla funzione dei grandi magazzini nel processo di unificazione sulla rivista aziendale “Cronache della Rinascente-Upim”, nel quale scriveva: “L’Italia è fatta, dicevano concordi i padri della patria intorno al 1861, adesso bisogna fare gli italiani. E le italiane, dove le mettevano? Queste italiane individualiste e misteriose, legate ciascuna alla sua personale tradizione, alle sue abitudini, buone o cattive che fossero”.

Le italiane (e tutte le loro famiglie) vennero “unite” in un’identità comune e condivisa dai consumi, dal gusto e dallo stile dei grandi magazzini (e in particolare dal più importante di essi, che nel 1865 nasceva con i fratelli Bocconi a Milano e nel 1917 rinasceva sotto il binomio Borletti-Brustio e con il nuovo nome coniato da D’Annunzio).

7 / 8 — Piercarla Lanzani, Vetrine natalizie, 1985 ca.

9 — Piercarla Lanzani, Vetrina, 1985 ca.

Scriveva ancora Irene Brin: “I grandi magazzini (e la Rinascente conserva ancora oggi l’iniziativa, l’esclusività e l’eccellenza in questo campo) iniziarono un processo di fusione che in seguito sarebbe stato condotto a termine dalla radio e dalla TV. Dai piccoli paesi le ragazze scendevano, in bicicletta, fino alla città, per comprarsi cotonine aggiornate e allegre o gonne scozzesi e due pezzi di lana angora. L’assortimento era abbastanza vasto perché le ragazze di ogni regione trovassero cotonine diverse nella fioritura, scozzesi variati nel disegno, e ancora altri colori: ma identiche possibilità di vestirsi con garbo.

A questo punto i grandi magazzini riuscirono a compiere un altro passo in avanti. Ricostruiti sulle loro macerie, installati in nuove sedi di architettonica avanguardia, stabilirono comunicazioni vastissime fra l’Italia e il mondo. Con la massima semplicità offrirono alle italiane, già unite da Modugno, dalla mayonnaise in tubetti, dal pomodoro in barattoli, anche i mobili svedesi, le sedi indiane, le lampade nipponiche, i modelli parigini e le specialità americane”.

10 — Aoi e Max Huber, Fiera del Bianco, Manifesto, 1964

Sin dalle sue origini, la Rinascente si caratterizzò, dunque, come laboratorio dove sperimentare le novità che provenivano dal resto d’Europa. Il modello di vendita innovativo, derivato dalle iniziali esperienze francesi, con la merce esposta negli scaffali a prezzo fisso, non solo fu la chiave di volta di un’economia moderna, ma produsse decisivi cambiamenti nella vita quotidiana della nascente società dei consumi, creando nuovi miti e archetipi nel gusto, rivoluzionando l’immagine femminile e stimolando la nascita dei sistemi produttivi legati in particolare alla moda e al design, pilastri fondanti del Made in Italy.

11 — Adriana Botti Monti (art director), Bambini, Catalogo, 1967

12 — Adriana Botti Monti (art director), Incontri in Europa, Catalogo, 1961

13 — Adriana Botti Monti (art director), Ritratto, 1968

“Aristocratica, popolare, anarchica, educatrice, specchio di costume, la moda resiste sempre: ha resistito vittoriosamente a due guerre. E proprio nell’ultima guerra, quando mancava tutto per crearla, quando non c’era più seta, né lana, né filo, si è adattata al sughero, al panno da biliardo, ai nastri, alle vecchie tende. E si è adattata non con umiltà, ma con eleganza, con arroganza, con stravaganza, battendo con le alte suole sul selciato quasi ad applaudirsi. Proprio allora ha dimostrato che non è necessario il lusso di un’élite per fare la moda, ma il buon gusto di tutti”.

Così scriveva Maria Pezzi sulla rivista aziendale “Cronache della Rinascente-Upim” del 1968, sottolineando il fondamentale contributo del grande magazzino milanese al rinnovamento dell’immagine femminile, alla democratizzazione della moda e alla formazione di un mercato tessile e dell’abbigliamento di dimensioni nazionali, che si configurò nell’allargamento dei canoni estetici dell’alta moda, nel consolidamento di un certo buon gusto tra i ceti emergenti, in parallelo alla modernizzazione dei canali e delle tecniche di commercializzazione dell’abbigliamento e dei suoi accessori e all’organizzazione della struttura di vendita articolata in filiali aperte nelle principali città italiane.

14 — Adriana Botti Monti (art director), Viaggio di moda, Catalogo, 1968

15 — Adriana Botti Monti (art director), Moda uomo, Catalogo, 1963

A pochi anni dal primo successo della Sala Bianca a Pitti, luogo di nascita della moda italiana, le sfilate della Rinascente diventano appuntamenti di tendenza: “centinaia di signore si sono accalcate sulle poltrone sui divani del Tea Room della Rinascente, conquistando loro posto con una certa astuzia. Ragazze pettinate alla paggio, signore con capelli corti, tutte pronte a ricevere il nuovo messaggio di eleganza dei modelli Elle Erre, annunciato da piccole danzatrici della Scala, che a passo di danza sulla passerella distribuivano viole alle signore” (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 1, 1953).

16 — Marirosa e Aldo Ballo, Mostra Giappone, 1957

17 — Marirosa e Aldo Ballo, Matite, 1957

E ancora: “La sfilata della Rinascente è diventata, a Milano, una tradizione cittadina. Non è più soltanto una manifestazione interna: è uno spettacolo, al teatro Manzoni, con la sua prima festosa e un successo eccezionale di pubblico. Un’orchestra, uno scenario, un palcoscenico che si dirama nella platea, un personaggio importante e mutevole: la moda Elle Erre” (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 4, 1954). Ma non bisogna dimenticare che le collezioni Rinascente arrivano a sfilare anche alla Triennale nel 1960.

18 — Marirosa e Aldo Ballo, Goccia, 1961

19 — Marirosa e Aldo Ballo, Bambini, 1964

20 — Marirosa e Aldo Ballo, Girandola, 1966

21 — Marirosa e Aldo Ballo, Meno fatica per favore, 1969

Importante, come si è detto all’inizio, fu il ruolo delle commesse, vestite da Biki nel 1971 e istruite da Elena Melik per il trucco: “Per la donna che entro ogni tanto nel grande magazzino a fare gli acquisti, la commessa rappresenta un esempio di accuratezza, di stile. Guardandola, la madre di famiglia che non si era mai accostata ai cosmetici, sente il bisogno di provare a diventare più bella, ad acquistare un aspetto più alla moda. Ecco perché la commessa non può dimenticare mai di truccarsi gli occhi e di mettere il rossetto: deluderebbe troppo chi è abituato a vedere in lei un certo modello femminile” (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 46, 1968).

22 — Rosanna Monzini, Tema mare effetto sole, 1983

23 — Rosanna Monzini, Tema mare effetto notte, 1983

24 — Rosanna Monzini, Ready made Scuola 77, 1977

25 — Rosanna Monzini, Arredo per cameretta, 1985 ca.

26 — Rosanna Monzini, Fiera del bianco, 1976

La moda Rinascente apre una reale possibilità di emancipazione attraverso un nuovo modo di vestire, dai modelli unisex agli indumenti più trasgressivi, fino all’uso dei pantaloni per le donne anche sul luogo di lavoro, in un’epoca in cui non tutte le aziende ne permettevano l’uso alle proprie dipendenti. “Dato che oggi tra i due sessi vige attivo lo scambio degli indumenti – scrive Camilla Cederna – si vedono già ragazzette che vanno a frugare avidamente nel reparto maschile di Rinascente e come niente si infilano in blusotti di pelle con fodera d’agnello o nelle giacche in crosta cioè di pelle scamosciata” (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 57, 1970). Ed è ancora Rinascente a sdoganare gli hot pants: “A capodanno attrici, cantanti, belle donne del jet set, tutte esibivano gambe nude in bella vista tra il bordo dello stivaletto alto di raso e il risvolto lucido degli shorts”.

27 — Carla Gorgerino, Pubblicità, 1962 ca.

28 — Carla Gorgerino, Pubblicità, 1962 ca.

Ma quello che contava era vendere al grande pubblico, come notava Sonia Rykiel, sarta di Bigitte Bardot e stilista d’avanguardia: “lanciare una nuova moda tre personaggi da rotocalco è un gioco da bambini. All’attrice o alla miliardaria metti addosso quello che vuoi. Alla ragazza che va a scuola o lavora, no. È lei che comanda. E quel che conta per avere successo nel nostro ramo è appunto la base”. (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 59, 1971).

Il concetto veniva ribadito da Rachele Enriquez: “se è vero che la moda si fa nell’ovattata atmosfera degli atelier, è anche vero che il trionfo di questa nuova moda e di questi nuovi stili non è decretato soltanto da Jacqueline Onassis, dalla duchessa di Windsor e dalla signora Pompidou, ma dalle signore Rossi, Bianchi e Brambilla che in massa accettano, forse con un po’ di titubanza in principio e con un po’ di lentezza, ma con un largo consenso dopo, i canoni dettati dalle alte sfere (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 54, 1970).

29 — Carla Gorgerino, Pubblicità, 1962 ca.

30 — Carla Gorgerino, Pubblicità, 1962 ca.

31 — Carla Gorgerino, Pubblicità, 1962 ca.

La Rinascente dagli anni Cinquanta muta profondamente i costumi delle italiane, divenendo uno dei principali attori dell’affermazione del prêt-à-porter, come sottolinea Silvana Bernasconi: “La donna moderna italiana si sta orientando rapidamente verso gli abiti confezionati che le permettono di essere sempre alla moda in qualsiasi stagione senza spendere capitali”. (“Cronache della Rinascente-Upim”, n. 1, 1951).

La grande intuizione di Rinascente, sia nel settore moda, sia nel settore arredamento, casa e design, è quella di coinvolgere grandi firme per una produzione industriale su larga scala e a prezzo contenuto, a cominciare dai nomi più noti della moda francese, quali Pierre Cardin e Courrèges. Rinascente contribuì a scoprire anche i nuovi talenti italiani, come nel caso della bellissima collezione Miss Sympathy disegnata dai Missoni nella primavera del 1958 e presentata con un invito di Brunetta.

32 — Brunetta, Invito per Missoni in Rinascente, 1958

Ma la vera rivoluzione fu l’affermazione di giovani professioniste in tutti i ruoli chiave della vita di un department store che è da sempre all’avanguardia nello scenario internazionale. In Rinascente hanno lavorato protagoniste della moda, della grafica, del design, dell’architettura, della fotografia, della comunicazione, tra le quali Rosita Missoni, Lora Lamm, Aoi Huber, Carla Gorgerino, Pegge Hopper, Ornella Noorda, Rosanna Monzini, Paola Lanzani, Piercarla Toscani Lanzani, Marirosa Toscani Ballo, Amneris Latis, Adriana Botti Monti. È questa affascinante storia al femminile che vogliamo raccontare, attraverso documenti, disegni, fotografie, per la maggior parte inedite, che permetteranno di scoprire l’importanza del ruolo femminile nella costruzione del Made in Italy.

33 — Lora Lamm, Grandi manifestazioni: il Giappone, Invito ,1956

34 — Lora Lamm, Ritratto, 1968

35 — Lora Lamm, Catalogo, 1956

36 — Lora Lamm, Fiori nella casa, 1958

37 — Lora Lamm, Catalogo, 1956

Natalia Aspesi racconta, con la sua ben nota capacità evocativa, la straordinaria storia della Rinascente nel boom economico: “Me li ricordo quegli anni belli, quando si cominciò ad andare alla Rinascente non solo per comprare, ma per stupirsi, sapere, scoprire, addirittura viaggiare, almeno con la fantasia. Non si viaggiava molto in quegli anni Sessanta, il mondo era ancora un misterioso scrigno da sognare, da immaginare. E alla Rinascente arrivava l’esotico, l’allora misterioso Oriente, l’India, il Giappone, il Messico, gli Indios, l’agognata New York, in una parola il mondo: alla portata di mano, con i suoi profumi, i suoi oggetti, i suoi tessuti, le sue antichità, il suo abbigliamento tradizionale o nuovo, dal sari al kimono, dal bikini alle magliette col Che Guevara. Arrivava il nuovo, il creativo, l’ardito, la rivelazione, la cultura, l’entusiasmo, l’avanguardia: arrivava il meglio del meglio, i grandi architetti, i grandi designer, gli artisti, i grafici, i fotografi, gli stilisti, un vento ardito e visionario di rinnovamento, non solo merceologico ma anche sociale, ideologico, di immagine, che accompagnava e spesso precedeva i mutamenti del vivere, dell’arte, del pensiero”.

38 — Pegge Hopper, Buon Natale bambini, 1962 ca.

39 — Pegge Hopper, Piante e fiori intorno a noi, 1962 ca.

40 — Pegge Hopper, Al sole Invito, 1962 ca.

41 — Pegge Hopper, Mangiare in verde, 1962 ca.

42 — Pegge Hopper, Scuola, 1962 ca.

E furono proprio le professioniste della Rinascente a inventare, disegnare, fotografare, comunicare e allestire “quegli anni belli” in cui nacque il Made in Italy. Ecco allora

  • la moda prêt-à-porter piena di colore e di fantasia disegnata da Rosita Missoni;
  • i cataloghi, i manifesti, gli inviti, gli shopper, disegnati da grafiche moderne e piene di emozione come Lora Lamm, Aoi Huber, Carla Gorgerino e Pegge Hopper;
  • oggetti per la casa, per la cucina, per l’ufficio, per il tempo libero realizzati dalla designer Ornella Noorda, con un tratto nordico che improvvisamente porta una ventata d’Europa nelle case degli italiani;
  • i nuovi allestimenti dei piani, dei reparti di vendita e soprattutto delle vetrine, finalmente affidate ad architetti come Rosanna Monzini, Paola e Piercarla Lanzani, che portano nel grande magazzino l’alta lezione dei maestri dell’architettura italiana del secondo Novecento;
  • il nuovo linguaggio della fotografia contemporanea introdotto da Marirosa, sorella di Oliviero Toscani e moglie di Aldo Ballo;
  • e infine, ma non ultima, la nuova comunicazione, che apre le porte al marketing contemporaneo e che vede due affascinanti giovani donne della borghesia milanese, Amneris Latis e Adriana Botti Monti, inventare la professione dall’art director e della PR.

43 — Ornella Noorda, Papavero, anni sessanta

44 — Ornella Noorda, Maccheroni di Napoli, anni sessanta

45 — Ornella Noorda, Grafica, anni sessanta

46 — Ornella Noorda, Grafica, anni sessanta

47 — Ornella Noorda, Canovaccio, 1967

48 — Ornella Noorda, Tavola Mulino, 1967 ca.

Come scriveva Marta Schiavi, sempre su “Cronache della Rinascente-Upim” del 1968, protagonista del successo commerciale del grande magazzino, fu “l’équipe della Rinascente, sempre con il naso all’aria per fiutare il passaggio delle mode, a contatto con grafici e stilisti di tutto il mondo, veloce nell’acchiappare qualcosa che è appena una sensazione e a trasformarlo nella attualità di domani. E quando, per caso, la moda ufficiale cambia rotta, la stessa équipe è pronta ad impadronirsene, ad assimilare, ad allestire in quattro e quattr’otto lo show all’ultimo ora”.

49 — Paola Lanzani, Intervento cinetico per il Natale, 1970

Il lavoro era veramente molto complesso, poiché doveva tenere conto non solo delle nuove tendenze, ma soprattutto delle diverse mentalità e dei mercati regionali, delle varie possibilità di spesa, delle progressive fasce di età, delle differenti misure incluse le taglie forti. Va ricordato tra l’altro che Rinascente e Upim furono le prime aziende a dare importanza all’etichetta e a inserire tutti i dati relativi alla composizione del tessuto.

50 — Paola Lanzani, Allestimento

51 — Paola Lanzani, Invito all'inaugurazione de la Rinascente di via Roma di Cagliari, 1987

52 — Paola Lanzani, La Rinascente sede di Roma piazza Colonna, Presentazione, 1985

53 — Paola Lanzani, Allestimento

Dopo questa stagione tutta al femminile, la Rinascente, Milano e l’Italia non saranno più le stesse: la contemporaneità entra nella vita, nella formazione e nella professione delle donne, che da quel momento prenderanno coscienza e consapevolezza non solo dei loro diritti, ma soprattutto delle possibilità che la società, l’economia e la cultura italiane potevano offrire loro, senza rinunciare alla femminilità e all’eleganza, all’attualità e alla praticità del gusto Rinascente.

54 — Pegge Hopper, Moda estate, 1962